Secondo un'indagine condotta dalla società di pediatri italiani, molti dei ragazzini di oggi, sotto i 14 anni, hanno già avuto il primo rapporto sessuale, bevono alcolici e passano il sabato pomeriggio in discoteca
Dopo le baby prostitute e le baby cubiste, si torna a parlare degli adolescenti e del loro rapporto con sesso e alcol. Ed i risultati sono, secondo pediatri e psicologi, alquanto allarmanti. Tutto è iniziato quando, due giorni fa, Giuliano Amato ha denunciato la presenza di baby squillo sulle strade italiane, costrette a prostituirsi da compagni di scuola che devono pagare “debiti di gioco” o che si prostituiscono per i loro stessi debiti contratti giocando a dadi o al videopoker. Immaginare un ragazzino di dodici anni che ha già debiti di gioco e vergognandosi di confessarlo ai genitori cerca altre strade per risolvere il problema è inquietante.
Si delinea così un quadro piuttosto preoccupante della realtà giovanile attuale. Secondo un'indagine condotta nel 2006 dalla Società dei pediatri italiani su 1251 ragazzini tra 12 e 14 anni, al 61,8% degli intervistati capita a volte di fare qualcosa che considerano rischioso e tra i principali comportamenti considerati rischiosi c'è anche fare sesso senza protezione; il 53% bevono birra e al 37,4% è capitato, spesso o solo a volte, di vedere gli amici ubriachi; il 30,3% dei ragazzi fuma e nel 44,3% dei casi hanno amici che fumano le canne. Inoltre la maggior parte degli intervistati maschi da grandi vorrebbero fare i calciatori, mentre le ragazze vorrebbero diventare personaggi famosi, magari della tv.
Per una percentuale molto elevata per essere apprezzati dal gruppo bisogna essere belli e alla moda. Insomma, i ragazzi di oggi hanno le idee ben chiare su quello che vogliono e su quali sono le caratteristiche per avere successo: calcio e televisione. Si delinea sempre di più l'immagine di una società in cui conta soltanto apparire e in cui calciatori e veline vengono considerati dei modelli da seguire. Secondo lo psichiatra dell'età evolutiva, Gustavo Pietropolli Charmet, “l'anticipazione delle tappe dello sviluppo è dovuta ai modelli educativi. Sono stati mamma e papà che hanno voluto che succedesse, si sono dati da fare per diversificare il modello culturale che loro avevano ricevuto. Hanno tolto loro il senso di colpa, il senso della paura. Basta entrare in una qualsiasi seconda media d'Italia e capire che è impossibile far sentire in colpa questi ragazzi o mettere loro in qualche modo paura”. Qualche mese fa ha fatto scandalo il libro della giornalista Marida Lombardo Pijola “Ho 12 anni faccio la cubista mi chiamano principessa”, proprio per la realtà che descriveva. Non un romanzo inventato, ma un'indagine condotta nel mondo delle discoteche pomeridiane, dove centinaia di “bambini” tra gli 11 e i 13 anni anni si ritrovano il sabato pomeriggio. Un luogo dove ragazzine arrivano in jeans e maglietta e, una volta entrate in discoteca, “ indossano abiti invisibili e si trasformano in carne viva, pasto erotico per ragazzini affamati di sesso televisivo”. Ed un luogo dove giovani pr arruolavano giovani cubiste, a cui chiedevano anche favori sessuali dopo il pomeriggio lavorativo.
Se una volta a 12 anni si era ancora bambini e si giocava con le bambole o le macchinine, adesso i dodicenni seguono la moda per essere accettati, hanno il cellulare, escono con gli amici, bevono e fanno sesso. Il sabato pomeriggio si passa rigorosamente in discoteca, perché, come questi ragazzi affermano senza problemi “altrimenti, dove vado il sabato pomeriggio?” I genitori spesso non sanno che i loro figli trascorrono le ore pomeridiane nei locali e non immaginano nemmeno il cambiamento da quando escono da casa a quando entrano nelle discoteche. Ma a dodici anni età si è veramente pronti per tutto ciò?
Secondo Ela Aliosta, preside di una scuola media siciliana, i ragazzi “sono cambiati. E molto. Fisicamente, prima di tutto: un tempo le femmine arrivavano ragazzine in terza media. Oggi assomigliano a donne già quando entrano in prima. Soprattutto per come si vestono, si truccano, si pettinano i capelli”. L'indagine della società dei pediatri rispecchia veramente la realtà dei ragazzi di oggi oppure, anche se ci sono casi simili, non si dovrebbe generalizzare? I giovani si sentono liberi di poter fare quello che vogliono senza alcuna restrizione, certi di essere pronti a tutto? Ma in questo modo non si rischia di bruciare le tappe prima del tempo?